Ecco, proprio quello che speravo
per la mia vita: rovistare nei cestini del McDonald's, nella speranza
che qualcuno avesse buttato qualche patatina o un hamburger
mangiucchiato. Ma ho sbagliato giorno: è
la vigilia di Natale. Sono tutti chiusi nelle loro case o in quelle
dei parenti, in questo periodo.
Ho le gambe intirizzite e una
voglia matta di scolarmi del whisky.
In un cestino trovo un costume da
Babbo Natale sporco di ketchup con tanto di barba finta. Sembrerò un
demente, ma almeno mi aiuterà a resistere al freddo. Indosso il
costume, puzza di cibo andato a male. Metto la barba; qualcosa mi dà
fastidio. Ci trovo dentro un paio di fette di cetriolo. Ne assaggio
una, sa di acqua sporca e pelo sintetico.
Esco dal vicolo. La neve copre
tutto. Le macchine sembrano dune di polistirolo e l'asfalto è
coperto da una poltiglia grigiastra.
Devo trovare un posto al coperto
o non passerò la notte.
Giro l'angolo e trovo una scala
antincendio. Magari c'è una porta aperta e riesco a buttarmi in un
pianerottolo a dormire.
Salgo, ma gli ingressi
all'edificio sono tutti chiusi. Arrivo al tetto. Fa un freddo cane.
La luna piena affievolita dalle nuvole illumina il paesaggio come un
faro nella nebbia. La città deserta; il vento che trasporta echi di
canti natalizi dalle case. Lucine che lampeggiano e pupazzi di Babbo
Natale che si arrampicano sui balconi. Urlerei una bestemmia, ma un
tumore alla laringe mi ha tolto la parola nel 1982.
Mi volto; una canna fumaria
vicina a un lucernario. Mi avvicino alle vetrate, tolgo la neve con
la manica del costume e guardo giù.
L'appartamento è buio. Le luci
dell'albero di Natale lampeggiano e proiettano petali colorati su un
divano.
Provo a spostare il blocchetto
della finestrella, ma ho le mani gelate non hanno sensibilità.
Ho deciso: entro dalla canna
fumaria. O la va o la spacca. Meglio in cella che morto assiderato
sopra un tetto. Un letto e pasti gratis. Basta stare attenti al culo.
Ho una certa esperienza in materia. Mi calo dentro. Sembro
intrappolato in un vestito troppo stretto. Riesco a muovere braccia e
gambe di pochi centimetri e a scendere poco alla volta.
Chi cazzo me l'ha fatto fare.
Arrivo alla base del camino.
Atterro in una nuvola cinerea. Sguscio fuori. Sembro un soldato in
mimetica: chiazzato di rosso e di nero, con striature grigio fumo.
Mi acquatto dietro al divano e
rimango immobile, in silenzio: mi viene naturale.
Non sento nulla. L'allarme
all'ingresso lampeggia. Devono essere via.
Striscio nel buio, lungo la
parete, in cerca dell'interruttore. Sbatto lo stinco contro un
tavolino. Spalanco la bocca, mi esce un sibilo: il mio urlo più
forte.
Trovo l'interruttore. Accendo.
L'appartamento è spazioso. Il
divano è di pelle color crema. Televisore HD da quaranta pollici.
Un albero di Natale alto due metri con luci, palle e tutto il resto.
Il puntone sfiora il soffitto.
Sotto, i regali.
Devo cercare i pacchetti piccoli.
Di solito contengono collane, anelli, orologi. Non mi faccio fregare
da cose costose ma ingombranti, rallentano la corsa.
Trovo quattro pacchettini. Uno è
stato avvolto con la carta regalo della gioielleria, che stupidi.
In saccoccia.
Agito gli altri. Fanno tintinnii
piacevoli all'udito e alle tasche, che adesso sono belle piene.
Sopra un tavolino un piatto con
quattro cookies grandi quanto piattini da caffè, e un bicchierone di
latte fresco.
Mi avvicino. C'è un biglietto:
“Per Babbo Natale”
Mi guardo il vestito e tolgo un
po' di sporco con qualche pacca.
Be'.
Più o meno, ci siamo, dai.
Mangio
tre biscotti con la voracità di un alligatore e bevo il latte al
vetro. Un po' mi finisce sulla barba già sudicia.
Passi
fuori dalla porta.
«I
nonni ti hanno regalato il triciclo. Sei contento, amore?» dice una
voce maschile.
«Sì,
papà» risponde un bambino.
Cazzo.
Spengo
la luce.
Destra,
sinistra. Dove vado? Dove?
La
chiave entra nella serratura.
«Frank,
ricordati di disinserire l'allarme» dice una voce femminile.
«Sì,
Madeline, non ricordarmelo tutte le volte.»
Torno
nel camino appena in tempo.
La
porta si apre. Frank disattiva l'allarme. Torno nel vestito troppo
stretto e provo a risalire con la stessa tecnica di prima.
Il
rumore dell'interruttore. Hanno acceso la luce. Meglio se resto
fermo. Potrebbero sentirmi, o vedere la fuliggine che cade dalla
cappa.
«Cosa
diavolo è successo? Il pavimento è tutto sporco di fuliggine» dice
Madeline.
«Mamma,
guarda. Babbo Natale ha mangiato i biscotti e bevuto il latte.»
«Tesoro,
porta Nicholas nell'altra stanza. Io chiamo la polizia» dice Frank.
I
passi si allontanano e una porta si chiude.
Non
sento più niente. Perché non sento più niente? Parlate, dite
qualcosa.
«Sei
ancora lì dentro?»
Come
cazzo fa a saperlo? Non posso rispondere, e anche se potessi non lo
farei comunque. Sono muto, mica scemo.
«Ci
sono le orme degli scarponi sul pavimento. Ora prenderò il fucile e
chiamerò la polizia.»
Merda,
merda, merda!
Muovo
spalle e gambe e cerco di salire. Alzo la testa. La luna è lontana,
come se la guardassi con un cannocchiale.
«Ti
sento, sei ancora lì. Adesso ti faccio vedere io» dice.
Un
rumore alla base del camino. Ceppi di legno. Mi vuole dare fuoco, il
bastardo.
Mi
lascio scivolare. Mi scortico le mani e respiro nebbia nera.
Cado
sui ceppi fumanti, li scalcio via e esco fuori dal camino.
Tossisco
e ho conati di vomito. Alzo le mani.
«Eccoti
qua» dice Frank. Un quarantenne imbraccia un fucile a pompa: un
colpo, uno spezzatino di muto. Atletico e vestito come un damerino,
occhio azzurro, baffo biondo.
E
una faccia di merda.
«Cos'hai
preso?»
Abbasso
le mani per infilarle in tasca.
«Alza
le mani, stronzo» intima.
Gesticolo
e gli faccio capire che sono muto.
«La
lingua corta e la mano lunga, eh? Ok. Vengo io a vedere.»
Si
avvicina e mi rovista nelle tasche. Trova i pacchettini.
«Nient'altro?»
Scuoto
la testa.
«Sarà
meglio per te.»
Un
rumore dal camino.
«Avevi
un complice?»
No.
«Papà,
papà, non fare del male a Babbo Natale» urla Nicholas alle spalle
di Frank.
«Nicholas,
torna qui» dice Madeline.
Frank
si volta.
«Nicholas,
torna da tua madre, subito» ordina.
Qualcuno
atterra nel camino. Ne esce fuori un ciccione col costume da Babbo
Natale.
«Oh,
oh, oh» urla.
Frank
si volta di scatto e fa partire un colpo. Una rosa di pallettoni
spolpa il petto del tizio, che cade come una sagoma cartonata.
Nicholas
urla e corre via.
Frank
ha la bocca spalancata, tanto da infilarci un tronco.
Gesticolo.
Lui si volta.
«Era
con te, vero? Dimmi che era con te.»
Agito
l'indice. Poi lo tamburello sulla tempia.
«Hai
un'idea?»
Gli
faccio di sì con la testa. Gli chiedo di darmi il cellulare per
scrivere.
Me
lo passa e digito: “Ti posso aiutare, ma devi lasciarmi andare.”
«Sei
fuori di testa? Non ci penso proprio.»
“Allora
me ne andrò, e se mi sparerai avrai un duplice omicidio da spiegare
alla polizia.”
Faccio
per andarmene.
«Ok,
ok. Ci sto.»
“Hai
altre armi in casa?”
«Sì,
una pistola.»
“Prendila.”
Apre
un cassetto del comò e la prende.
“Mettila
in mano al ciccione e spara un colpo da qualche parte.”
Frank
esegue. Mette la pistola in mano al cadavere e spara a un angolo
della casa. Colpisce il biglietto “Per Babbo Natale” che avevo
trovato sul tavolo e buca la parete. Svolazza e cade per terra. Il
buco del proiettile è al centro della “o”. Neanche a farlo
apposta.
“Ecco
fatto. Legittima difesa” digito, e gli ridò il cellulare.
Il
morto si era portato anche un grosso sacco. Un altro ladro? E come
diavolo ha fatto a passare dalla canna fumaria con quella pancia?
Tiro
la barba. È vera.
Naah,
non può essere.
Il
sacco contiene regali, li aggiungo agli altri sotto l'albero di
Frank. Quelli grandi, questa volta. Me li merito.
«Spero
che tutti i soldi che ci ricaverai li spenderai in medicine. Stronzo
di un muto.»
Vado
al tavolo, prendo il cookie rimasto e lo addento. Saluto Frank con il
dito medio, chiudo la porta e me la vado a spassare.
Adios.
7 commenti:
Ti andrebbe di partecipare a un'antologia di racconti noir che sto preparando?
Certo che mi piacerebbe:)
Scrivimi.
http://digilander.libero.it/mupis/contacts.html
Happy Halloween anche a te!
Per la prossima antologia che farò (sempre se si farà) magari ci mettiamo d'accordo con un certo anticipo!
Ok, grazie Enrico:)
Prego! :)
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