venerdì 30 marzo 2012

Il prete 4

Don Bruno si avvicinò alla parete frustata dal sangue: «Sonny ha detto che lo hai aggredito provocandogli quello sfregio sul volto».
«Lo so, è quello che ha raccontato anche al suo amico,» disse Ester «per non fare la figura del coglione. Mi scusi, Padre. Stare con quei due per tutto questo tempo mi ha fatto scendere al loro livello.»
«Non preoccuparti, va avanti» rispose Don Bruno.
«La verità e che voleva violentarmi... Si era messo sul letto, a cavalcioni sopra di me. Era così desideroso di montarmi, quel bastardo, che si dimenticò di legarmi le gambe, e i legacci ai polsi non li strinse a dovere. Così, quando si abbassò per leccarmi il collo, gli mollai una ginocchiata nelle palle. Lui si sbilanciò e sbattè la faccia contro l' angolo del letto, prima di finire a terra urlando dal dolore. Riuscii a liberarmi e tentai di scappare. Volevo arrivare alla porta, scavalcandolo. Lui mi afferrò la caviglia e mi scaraventò a terra. Poi mi sollevò di peso e mi inchiodò contro quella parete, e cominciò a picchiare e a picchiare... finché non svenni e mi risvegliai di nuovo legata a letto. Quello che vede sulla parete, e sul letto, è il risultato.»
Don Bruno rimase in silenzio. Macinò più volte quelle parole nella sua mente, nel tentativo di capire se stesse dicendo la verità.
«E quella voce? Da dove proveniva?» chiese Don Bruno.
«Quale, questa?» 
Ester urlò -Satana è in me!- con quel timbro di voce gutturale. Don Bruno si tirò indietro di un paio di passi per lo spavento, poi Ester tornò a parlare come qualche momento prima.
«Canto in una band Brutal» disse Ester.
«Brutal? E che cos'è?» disse Don Bruno.
«È un genere di musica, una delle tante diramazioni del metal. In questo bisogna cantare così.»
«Cantare?! Sembra una mandria di maiali seviziati!»
«Ci vuole tecnica anche per quello. Comunque non mi sembra il momento di discutere sui nostri gusti musicali.»
«Hai ragione, lasciamo stare. E perché hai inscenato la possessione?»
« Dopo quello che era successo, Sonny raccontò a Leo che lo avevo aggredito e che lo sfregio sulla faccia era stata opera mia. Magari lo fosse stata... Così mi agganciai alle balle di Sonny e provai con la storia della posseduta. Non volevo più sentirmi addosso quel fetore... Mi sentivo sola, senza speranza, avrei passato il tempo restante al giorno del rilascio a essere violentata e picchiata, magari uccisa. Figli di puttana. Mi scusi ancora.» Don Bruno annuì.
«Sonny rimase scioccato quando mi vide fare quelle cose strane, ma resse comunque il gioco. Da lì in poi non si avvicinarono più del dovuto. Purtroppo Leo si convinse talmente tanto della mia possessione  che, al giorno prestabilito,  non si fidò a portarmi sul luogo del rilascio, credeva fosse troppo pericoloso. I tempi si allungarono e lui non volle saperne di mollare, neanche quando gli confessai che era tutta una farsa. Ma era la mia parola contro quella di Sonny, che minacciò di violentarmi (e questa volta ce l'avrebbe fatta) e uccidermi se non avessi continuato.
Ormai per Leo sono posseduta e deve trovare una soluzione. 
Vuole quei soldi, senza rischiare. Se rischia qualcosa, sono morta.   Non è così?»
Don Bruno abbassò lo sguardo. 
«Non è così?» ripetè Ester.
«Sì, è così.» rispose Don Bruno, che andò poi a sedersi sulla sedia vicino al letto. Si piegò e accarezzò Ester con dolcezza.
«La tua storia è talmente assurda che neanche Lucifero in persona potrebbe architettarla.» disse «Ora ti slego, poi andrò di là, e dirò a quei due che sei posseduta e che mi servono delle cose da andare a prendere giù in paese: Acqua santa, Bibbia, una Stola e cose così. Lì convincerò ad uscire dal rifugio, così potrai scappare. Dirigiti al fiume, e cerca di prendere la direzione verso il paese. Troverò il modo per farti venire a prendere.»
«Scusi, ma non potrebbe semplicemente fare finta di esorcizzarmi?» chiese Ester.
«Sonny sa tutto. Ricordalo. Appena dirò che sei posseduta sentirà puzza di bruciato e vorrà capirci qualcosa» disse Don Bruno.
Le lacrime scesero all'improvviso dagli occhi di Ester. Si mescolarono al sangue, formando delle piccole cascate color rubino.
«Grazie, Padre.»

La pioggia martellava incessante sul rifugio, un tappeto di sottofondo simile a una miriade di tamburi lontani. Sonny e Leo si prepararono dell'altro caffè e si misero seduti, con le orecchie ben tese, tentando di capire cosa stesse succedendo nella stanza di Ester, mentre in silenzio affogavano i loro biscotti al cocco nelle tazze. Ma la pioggia attutiva troppo l'acustica e tutto quello che carpirono furono delle voci ovattate, come se provenissero da una vecchia radio piena di interferenze. Don Bruno uscì dalla stanza.
«Allora, malata o posseduta? Illuminaci, prete.» disse Leo.
Don Bruno spostò lo sguardo e lo tenne fisso su Sonny: «Posseduta» disse.
Sonny fece una leggera smorfia, come se un amo si fosse infilzato al labbro superiore e lo avesse tirato verso l'alto.

COLONNA SONNORA:

 


ALLEGATI:















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