Tamburi e voci si
fanno spazio nelle orecchie di Jamhil, fino a invadergli la mente.
Apre gli occhi, si
ritrova immerso nelle tenebre, sdraiato in uno spazio ristretto, con
le mani incrociate sul petto. Nelle narici, odore di legno bagnato e
terra umida.
Prova ad aprire la
bocca, ma non ci riesce. Sposta le mani e con le dita tasta lo spago
che gli serra le labbra increspate.
Muove la lingua,
sente la consistenza e il sapore dei semi di sesamo.
Una voce greve
spicca sulle altre, lo chiama.
Jamhil gratta con le
unghie la superficie legnosa.
«Spirito
vitale che ti muovi nell'aria, entra in questo corpo, riempilo del
tuo alito, restituiscigli la forza, risveglialo al potere del dio
eterno, fallo camminare in questo luogo! Perché io sono lo strumento
del potere di Thayth, il santo dio. Jamhil, vieni a me.»
Jamhil
non vuole rispondere, perché sa che sarebbe la fine del suo viaggio
verso l'aldilà, e l'inizio del suo percorso da non morto. Per questo
Edwidge, una volta deceduto, gli mise dei semi di sesamo in bocca e
gli cucì le labbra. Per resistere al richiamo del Bokor.
Non
riesce a controllare i muscoli del viso, si contraggono con riflessi
involontari e la carne delle labbra si dilania mentre si aprono.
«Diventerai
il mio schiavo, Jamhil?»
Jamhil
sputa le semenze e strappa le cuciture in un urlo ormai disumano.
Le
pale affondano nel terreno, il cigolio dei chiodi, il legno che
scricchiola mentre li rimuovono dal coperchio.
I
tamburi e i canti rituali si fermano. Il silenzio immerge il cimitero
in uno stato di quiete.
Jamhil
guarda la luna piena color sangue e le lacrime gli rigano il volto
scavato. Lo prendono per le braccia, lo mettono in piedi e lo portano
davanti a De Souza: teschio bianco dipinto sulla faccia d'ebano,
collana d'ossa di pollo e un bastone con piume di gallo nero. Sorride
con i denti perlati.
«Pensavo
di non farcela. Per essere uno schiavo denutrito sei resistente. Ma
ora è tempo che paghi per le tue malefatte. Sapevi fin dall'inizio
cosa sarebbe successo se avessi continuato, e sai come trattiamo
queste cose ad Haiti. Ora voltati e guarda.»
Jamhil
sposta lo sguardo. Edwidge è legata a un palo, nuda. Il sangue le
sgorga dalla bocca, cola sul mento, giù per il collo e si dirama in
piccoli rivoli sui seni.
«Le
ho dovuto tagliare la lingua. Ha imparato da me il rito per
difenderti, ma se non citi la formula, semi e spago non funzionano a
dovere.»
Jamhil
scuote la testa. De Souza si avvicina, apre la mano all'altezza della
bocca, sul palmo una polvere gialla. Gliela soffia in faccia e i
bulbi oculari si fanno lattiginosi.
«E
adesso nutriti del tuo amore.»
La
donna, in lacrime, urla e sputa sangue verso il marito, mentre Jamhil
si avvicina barcollante.
Una
volta di fronte all'amante, appoggia le labbra sul collo.
«Ti
amo» è l’ultima cosa che riesce a dire prima di perdere lucidità.
De
Souza ride, fa un gesto con la mano, tamburi e canti rituali tornano
a riempire l'aria.
Quello
che all'inizio sembra un bacio diventa un
morso, un pasto, un amore finito.
Nessun commento:
Posta un commento