Questo racconto è stato bocciato. Questo non significa per forza che sia brutto. Solo ho proposto anche qualcosa di meglio. Saluti.
Lino armeggia con i
fili d'accensione dell'auto. Deve tenere la testa piegata in avanti,
altrimenti dovrebbe farlo con una guancia appoggiata al tettuccio. Le
dita callose tremano, il sudore cola dalla sua fronte spaziosa e
penetra negli occhi. Li asciuga con la manica della felpa, strizza le
palpebre e si rimette al lavoro.
Ste è seduto di
fianco, con i polmoni affamati d'aria, muove gli occhi in tutte le
direzioni come se fosse affetto da nistagmo.
Il volto smagrito, un pizzetto simile a una barbetta caprina, i
capelli cadono sulle spalle unti e sporchi come alghe chiazzate di
petrolio.
«Lino,
devi darti una mossa. Questa mattina non ho proprio voglia di fare da
colazione.»
«Ce
la sto mettendo tutta, cazzo.»
«Ma
non eri un elettricista, prima della pandemia?»
«Lo
sono ancora, e sarei capace di farti l'impianto elettrico di un
palazzo a occhi chiusi e con un dito in culo, ma queste cose non le
ho mai fatte, e finiscila di rompere i coglioni, che sono già in
difficoltà. Piuttosto, guarda nel cruscotto e vedi se trovi qualcosa
di utile.»
Ste
allunga la mano stanca e apre lo sportellino, rovista e trova un cd.
Sulla copertina un motore rosso fuoco.
«Oh-
oh. I Ministry. Questi sì che spaccano» dice con un filo di voce.
«Che
album è?»
«Psalm
69.»
«Roba
forte. Giuro che se riesco a far partire la macchina te lo faccio
infilare.»
Ste
alza gli angoli della bocca.
«Preferirei
farlo in una vagina, ma mi accontento anche del lettore cd.»
Continua a cercare e trova un coltellino. Sbuffa.
«Guarda.»
Lino
distoglie lo sguardo dai fili.
«Con
quello si puliscono i denti dopo averti divorato.»
«Meglio
di niente.»
«Quello
è
niente, Ste. Comunque dammelo, così posso lavorare meglio.»
Ste
glielo passa e Lino torna al lavoro. Toglie la gomma che riveste i
fili di rame e li intreccia. Il motore si accende.
«Sì!
Lo sapevo che ce l'avrei fatta.»
«Hai
visto che ti serviva?»
Delle
sagome barcollanti escono dai vicoli, dalle case, dai negozi.
Sembrano materializzarsi dal nulla. Una signora anziana, con un morso
sulla guancia grande quanto un pompelmo, spunta da dietro un
cespuglio e si avvicina trascinandosi con gli avambracci. Non ha la
parte inferiore del corpo e lascia una scia rosso scuro. Un pezzo di
budella spunta fuori dal tronco come una lunga coda sanguinolenta.
«E
questi da dove cazzo sono usciti?» dice Ste.
«Hanno
sentito il motore. Per questo preferisco farmela sempre a piedi, ma
se vogliamo raggiungere le montagne ci serve un'auto. Dobbiamo
filarcela, tra poco saranno molti di più.»
L'anziana
si attacca alla maniglia della portiera, batte i denti, ringhia e si
tira su. Sbocca del liquame nero sul vetro, davanti allo sguardo
atterrito di Ste.
«Parti,
cazzo» dice.
Lino
schiaccia il pedale dell'acceleratore, gli pneumatici lasciano i
segni sull'asfalto. L'auto si allontana da una nuvola di fumo che
puzza di gomma bruciata e si porta dietro la signora. Rimane
attaccata per un bel pezzo, finché non molla la presa e rotola come
un sacco di spazzatura caduto da un camion della nettezza urbana.
«Bene,
ora puoi mettere il cd. Cerca “Jesus built my hotrod”. Quel pezzo
è una bomba.»
«Hai
detto che i divoratori sono attratti dal rumore.»
«Anche
dall'odore del sangue caldo, se è per questo. Sono peggio di squali
a digiuno da due mesi. Ormai ci hanno sentiti. Un po' di musica non
peggiorerà la situazione, e comunque devo andare a tavoletta per
uscire da qui. Una volta fuori dalla città abbandoniamo questo
rottame e ce la facciamo a piedi.»
«Lino.»
«Ci
costruiamo un rifugio. Coltiviamo un orto, e invecchiamo beati.»
«Non
fare così.»
«Così,
come?»
«Lo
sai. Sono due giorni che mi porti in giro in spalla. Domani potrei
non aprire gli occhi e vedere la tua faccia di merda, e soprattutto
sentire l'odore delle tue ascelle. Cazzo, puzzano più di quei mostri
incancreniti.»
Lino
non risponde. Tiene lo sguardo fisso sulla strada. Le lacrime
sgorgano come rivoli d'acqua.
«Ho
paura di rimanere solo.»
«Sei
grande e forte quanto un bulldozer. Non dovresti avere paura di
niente e nessuno.»
«Il
problema è il cervello, non il fisico. Ho paura di dare di matto e
finire a mangiare la mia merda e a ridere come uno povero demente.»
«La
scena della merda non vorrei perdermela.»
Lino
lo taglia con lo sguardo.
«Tranquillo,
tanto non ci arrivo, te l'ho detto. A parte gli scherzi. Devi tirare
avanti. Qualche bella figa come me c'è ancora, in giro. Io devo solo
tenerti compagnia per un altro po'.»
Infila
il cd e seleziona il pezzo.
«Sai
qual è la cosa più stronza che Dio possa fare? Farti ammalare di
tumore durante un'epidemia zombi.»
L'introduzione
di Al Jorgensen. La voce greve e profonda.
Soon
i discovered that this rock thing was true
Jerry lee lewis was the devil
Jesus was an architect previous to his career as a prophet
Jerry lee lewis was the devil
Jesus was an architect previous to his career as a prophet
Le
chitarre distorte e la batteria sincopata partono come un treno.
Jorgensen vomita parole come preso da un raptus incontrollabile.
Lino
sorride e annuisce.
Sterza
e controsterza. Schiva auto incidentate, abbandonate, alcune hanno
ancora i proprietari all'interno, invasi dalle mosche e dai vermi.
Passa su carcasse spolpate, investe i divoratori che attraversano.
Uno è così decomposto da esplodere sul parabrezza, imbrattandolo di
frattaglie.
Attiva
i tergicristalli, che non fanno che peggiorare la cosa.
«Non
vedo un cazzo» urla.
La
macchina prende una buca, esce di strada e si schianta contro un
albero.
Le
casse continuano a sputare musica.
Lino
è svenuto. Il volto appoggiato sul clacson e il naso fracassato.
Ste
è fuori per metà dal finestrino. Chiama l'amico, mentre delle
braccia putrefatte lo sfilano dall'auto.
I
divoratori lo buttano per terra, lo annusano ma non lo mordono, come
se sentissero l'odore degli organi guasti. Ste continua a chiamare
Lino, che non si sveglia. Ormai l'hanno tirato fuori. Appena
affondano i denti nella carne si sveglia, bestemmia e li allontana a
spintoni. Raccoglie due pietre.
L'assolo
di chitarra tagliente e grintoso.
I
divoratori aumentano come formiche attirate da una mollica di pane.
Lino
picchia con tutte le sue forze e i fragili crani dei divoratori che
si avvicinano esplodono come palloncini riempiti di letame.
La
chitarra si ferma. Voce e batteria cavalcano insieme. Bill Riefin ha
picchiato quelle bacchette sul rullante per tutto il pezzo e continua
come se volesse smontarlo a legnate.
Un
imbianchino senza un braccio e con un occhio penzolante fuori
dall'orbita, sorprende Lino alle spalle e gli affonda i denti nel
collo. Lino urla, se lo scrolla di dosso, gli disintegra la faccia a
sassate.
A
terra, un bambino con le gambe che sembrano appena state frullate,
gli azzanna un polpaccio. Lui si piega e cade su un ginocchio.
«Scappa
Lino. Non mi mordono, sentono che sono malato. Torna dopo a
riprendermi» urla Ste.
Lino
annuisce e si alza a fatica, spinge e si fa strada coi sassi.
I
Ministry pompano senza tregua, fino alla fine.
La
voce di Al Jorgensen finisce solitaria, accompagnata da un rumore
perpetuo di masticazione.
Jesus
built my car
It's a love affair
It's a love affair
Mainly
jesus and my hotrod.
Lo
stereo muore con la batteria della macchina. Ste aspetta con la
schiena appoggiata a un tronco d'albero.
Una
sagoma si avvicina. Ste sorride.
«Hey,
era ora, dovresti metterti un po' a dieta, stai diventando lento.»
Lino
barcolla, dalla bocca sbava liquame pecioso e gli occhi che sembrano
bagnati nel latte.
Ste
piange, scrolla la testa.
Lino
arriva, si piega, lo annusa e continua per la sua strada, in cerca di
carne buona.
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