L'ammiraglio Garreni
La Black Santa
avanza tra le lastre di ghiaccio immersa da una coltre simile a
sabbia di vetro.
Garreni scruta la
distesa artica, scuote il cappello d'ammiraglio imbiancato dalla neve
e pensa a suo padre. Avrebbe voluto essere con lui, al caldo, a
festeggiare il Natale bevendo vino, e non a navigare il quel deserto
bianco a caccia del suo assassino.
Uno scossone,
Garreni scivola sul ponte viscido, si aggrappa a una cima, sente le
mani bruciare, lacerarsi, digrigna i denti, si ferma prima di cadere
fuori dalla prua. Un fetore di pesce marcio impesta l'aria. Tentacoli
enormi e pezzi di ghiaccio schizzano fuori dall'acqua, in alto, a
oscurare la nave, e si schiantano come alberi abbattuti e coltelli
affilati. Squarciano
le vele, smembrano uomini.
«Kraken»,
urla un mozzo.
Garreni
si rialza e afferra un arpione.
«Ti
ho trovato, bastardo.»
Si
sporge dalla balaustra, vede affiorare l'occhio del mostro, la
pupilla grande e nera come una palla di cannone.
«Vendetta»,
urla, e si lancia all'attacco.
Natale alla finestra
Loris conficcò la
carota nel volto del pupazzo per il naso e gli mise un cilindro in
testa.
«Manca
la sciarpa. Intanto, buon Natale!»
Un
rumore simile a un tuono. Alzò lo sguardo al cielo plumbeo e vide un
meteorite squarciarlo, schiantarsi in lontananza, dietro le montagne.
Corse a chiudersi in casa e osservò dalla finestra. Spalancò la
bocca. Un'ondata di nebbia rossa invase la città, si insinuò tra
gli edifici, come vino rovesciato su un presepe.
Sgranò
gli occhi. Il pupazzo si mosse e strisciò fuori dal giardino: il
corpo colore del sangue, artigli e fauci al posto di ramoscelli
secchi e sorriso di sassi.
Attaccò
un uomo, gli straziò il ventre, lo divorò e si avvolse le budella
intorno al collo. Ruttò come un vecchio ubriacone, poi si girò
verso la casa.
Mentre
si avvicinava, timidi raggi di sole filtrarono tra le nubi. Iniziò a
sciogliersi come un gelato, il cilindro sghembo, il naso come un
cazzo moscio.
Loris
pregò con tutto se stesso che quelle nuvole si diradassero, e in
fretta.
Natale a caccia
«Schiaccia
sull'acceleratore, cazzo! Abbiamo solo questa notte per prendere quei
bastardi. Ascia o bastone?» disse Bruno.
«Direi
bastone. Il cassone inizia a puzzare» rispose Lucio.
Parcheggiarono.
Scesero armati di roncole e corde.
Entrarono
a casa di Bruno, salirono le scale. Un gemito. Sfondarono la porta,
la moglie a pecorina e uno gnomo che si dava un gran da fare. Gli
fecero saltare i denti e anche qualche costola. Lo portarono fuori,
lo caricarono sul furgone e ripartirono.
«Nessuno
di voi piccoletti là dietro ci darà più problemi» disse Lucio.
Gli
gnomi ancora vivi mugolavano, accatastati come sacchi di patate
insieme ai cadaveri dei loro compagni.
Babbo Natale tornò a casa dalla
nottata passata a portare doni. Passò dalla fabbrica di giocattoli
per salutare gli gnomi, ma non trovò nessuno. Andò sul retro, al
grande abete. Strabuzzò gli occhi, le gambe cedettero, cadde in
ginocchio.
Gli
gnomi impiccati e pezzi di braccia, gambe, interiora ciondolanti dai
rami come macabri addobbi.
A casa della strega
Matteo tira calci e pugni contro il vetro, senza scalfirlo.
Ha scoperto che le streghe esistono, ma non vivono negli antri delle fiabe, non usano code di rospo per fare pozioni. Sono donne all'apparenza normali, che vivono in case normali, e aspettano i bambini fuori dalle scuole per offrire loro cioccolatini magici prima delle feste.
Si guarda intorno. Festoni appesi alle pareti, luci intermittenti, l'albero, gli altri prigionieri rinchiusi nelle palle di Natale.
Preso dal terrore si muove da una parte all'altra, la sfera oscilla, si sfila, precipita, si frantuma a terra. Le gambe si spezzano, sputa sangue dalla bocca. La strega si avvicina, grande quanto un grattacielo.
«Dove credi di andare?» dice con voce acidula.
Matteo perde i sensi, rassegnato a tornare ciondolante su un ramo.
Apre gli occhi, si rende conto che avrebbe preferito morire sul colpo quando vede il batticarne sollevato, e che le streghe qualcosa in comune con le fiabe ce l'hanno: la più terribile.
«Pronto per la cena?»
Splat!
Ha scoperto che le streghe esistono, ma non vivono negli antri delle fiabe, non usano code di rospo per fare pozioni. Sono donne all'apparenza normali, che vivono in case normali, e aspettano i bambini fuori dalle scuole per offrire loro cioccolatini magici prima delle feste.
Si guarda intorno. Festoni appesi alle pareti, luci intermittenti, l'albero, gli altri prigionieri rinchiusi nelle palle di Natale.
Preso dal terrore si muove da una parte all'altra, la sfera oscilla, si sfila, precipita, si frantuma a terra. Le gambe si spezzano, sputa sangue dalla bocca. La strega si avvicina, grande quanto un grattacielo.
«Dove credi di andare?» dice con voce acidula.
Matteo perde i sensi, rassegnato a tornare ciondolante su un ramo.
Apre gli occhi, si rende conto che avrebbe preferito morire sul colpo quando vede il batticarne sollevato, e che le streghe qualcosa in comune con le fiabe ce l'hanno: la più terribile.
«Pronto per la cena?»
Splat!
2 commenti:
Tanti Auguri di Buon Natale!
Auguri Enrico!
Posta un commento